Gli alunni dicono no al cyberbullismo
Tanti i progetti di educazione alla cittadinanza digitale che coinvolgono gli studenti dell’istituto “Allende” di Paderno Dugnano

La scuola Salvador Allende dice «NO» al cyberbullismo. Tanti i progetti di educazione alla cittadinanza digitale che coinvolgono gli studenti dell’istituto.
La scuola secondaria di primo grado di Paderno Dugnano aderisce da alcuni anni a progetti per sensibilizzare i ragazzi, fin dalle classi prime, alla tematica del bullismo e in particolare del cyberbullismo: dalla “Patente di Smartphone”, patrocinata dal Comune di Paderno Dugnano, agli interventi “Le praterie del Web” dell’impresa sociale Spazio Giovani agli incontri con specialisti e carabinieri sul tema dell’adescamento online.
Il fenomeno del cyberbullismo è sempre più in crescita per l’uso prematuro degli smartphone e dei media digitali: gli insulti o le molestie a persone tramite chat o social, grazie all’anonimato, sono sempre più diffusi soprattutto fra i giovanissimi. Proprio per questo, la scuola deve intervenire con una progettazione didattica che aiuti gli studenti a diventare più consapevoli di sé e a utilizzare più responsabilmente i social e i media digitali.
I temi legati all’educazione alla cittadinanza digitale vengono affrontati nei modi più vari con riflessioni scritte, creazioni grafiche, slogan, role playing e dibattiti. I ragazzi vengono coinvolti in attività che portano a riflettere innanzitutto sulla costruzione della propria immagine sui social, sulla differenza fra identità personale e digitale, sui rischi e i vantaggi di avere un profilo social. Gioca un ruolo importante nella sensibilizzazione al tema del cyberbullismo la possibilità di riflettere sui rischi del web a partire da dibattiti e giochi di ruolo, vestendo i panni di volta in volta delle “vittime” e dei “cyberbulli”, mettendo in scena dei veri e propri processi in tribunale.
Qual è l’età giusta per avere un profilo social? È corretto pubblicare le foto di terzi senza averne il permesso? È giusto che i genitori controllino le chat dei figli se questi sono minori, limitandone la “privacy”? Come si fa a non essere ingenui online? Di chi ci possiamo fidare? Che cosa sono le fake news e come possiamo imparare a riconoscerle e a tutelarci? Che cosa sono i discorsi d’odio o hate speech rivolti a gruppi etnici e minoranze? Queste sono le tematiche più affrontate nell’arco dei tre anni scolastici, su cui i ragazzi sono chiamati a riflettere approfondendo man mano il tema della sicurezza online e le conseguenze psicologiche legate al cyberbullismo.
Grazie alle lezioni e ai progetti, molti studenti oggi hanno più chiaro il tema della sicurezza in rete e la consapevolezza che il web possa essere un’enorme risorsa ma anche un luogo pericoloso da esplorare con prudenza.
Dire No al cyberbullismo è possibile: non bisogna vergognarsi di chiedere aiuto in situazioni di pericolo e, soprattutto, è fondamentale denunciare i comportamenti scorretti prima che sia troppo tardi, perché anche una sola azione sbagliata sui social può rovinare per sempre la reputazione o la vita di una persona.
Il web è un vasto mondo virtuale nascosto che i giovani devono imparare a conoscere e ad affrontare consapevolmente. Lo sa bene la dirigente scolastica Antonella Caniato che ribadisce l’importanza per le scuole di partecipare ai progetti di sensibilizzazione e prevenzione al bullismo e al cyberbullismo. «La legge 71 del 2017 sancisce l’obbligo alle scuole di mettere in campo azioni preventive, di attenzione, tutela ed educazione per contrastare il fenomeno del cyberbullismo in tutte le sue manifestazioni. Mettere in guardia i ragazzi dall’uso distorto e prematuro dei social è una questione in crescita negli ultimi anni.
L’uso inconsapevole del web può portare a scelte sbagliate e a commettere illeciti. Fare progetti, per la scuola, è un modo per instaurare un rapporto sano e sicuro con gli alunni, ma anche con i genitori con cui è necessario fare rete».
«Si cerca sempre – dice – di parlare sia con le vittime che con i responsabili degli illeciti per cercare di trovare insieme una soluzione. Nei casi più gravi, però, c’è bisogno dell’intervento delle autorità competenti, come i Carabinieri e la Polizia. I ragazzi non devono pensare che i social siano la vita vera: le amicizie sono quelle che si vivono con le persone che incontriamo nel mondo reale, sono i sorrisi e le parole di chi ci sta accanto e non i like di follower sconosciuti che ci seguono sui social».