La tristissima realtà dei bambini soldato
Chi sono questi minorenni costretti a indossare una divisa? E dove vivono? Ecco le risposte chiave di un fenomeno ancora troppo diffuso
I bambini soldato: stranamente, non sentiamo molto parlare di questo argomento. Diciamo «stranamente» perché si stima che ancora oggi 250000 bambini siano coinvolti in conflitti.
Eh già, avete capito bene, ma andiamo con ordine, chi sono i bambini soldato? Sono ragazzi minorenni, che vengono reclutati in qualsiasi forza armata e coinvolti in scontri armati. Perciò, l’ UNICEF, negli ultimi dieci anni ha realizzato, in numerosi paesi, in particolare Afghanistan, Angola, Burundi, Colombia, Liberia, Uganda, Sierra Leone, Somalia, Sudan, Sri Lanka dei «Programmi per assistere e aiutare nel reinserimento dei bambini soldato».
La mancata protezione dei bambini dall’utilizzo da parte di gruppi armati, ostacola il raggiungimento di almeno tre degli Obiettivi di Sviluppo declinati nell’Agenda 2030: anzitutto l’istruzione primaria universale; poi la riduzione della mortalità infantile e, infine, la lotta contro le malattie.
Il protocollo Il protocollo opzionale sul coinvolgimento dei minori nei conflitti armati stabilisce che nessun minorenne può essere arruolato nell’esercito. Questo è stato adottato dall’Assemblea generale dell’ONU il 20 novembre 1989 ed è stato firmato dalla Svizzera il 24 febbraio 1991.
Lo Statuto di Roma della Corte Penale internazionale di fatto include, i crimini di guerra nei conflitti armati, l’arruolamento dei minori di 15 anni o il fatto di concedere un ruolo attivo nelle ostilità. Ma questi ragazzi non solo sono soggetti a gravi stati di denutrizione, mutilazione degli arti a causa di spari o dello scoppio di bombe e granate, malattie della pelle, patologie respiratorie e dell’apparato sessuale incluso l’AIDS, ma anche a pesanti ripercussioni psicologiche dovute al fatto di essere stati testimoni di atti criminali o averli commessi. Abbiamo visto i paesi che l’UNICEF sta aiutando, sono per la maggior parte africani, però, pensate che perfino il Regno Unito, è tra i paesi che invia abitualmente ragazzi di età inferiore ai 18 anni in conflitti armati.
Nell’aprile 1999, è stato reso noto che il più giovane autista di carri armati aveva ben diciassette anni, egli era pronto a combattere ed era già stato mandato in Macedonia. Invece, un altro diciassettenne è morto nel 1982, in una battaglia nelle isole Falkland. Quindi il governo britannico, governo di una potenza mondiale, fa accadere queste cose? Il problema è che nessuno sta facendo qualcosa a riguardo. Perché ancora oggi c’è stato un incremento dell’arruolamento di ragazzi di 18 anni nelle forze armate del Regno Unito. Ma per quale motivo lo fanno? Semplicemente perché per l’esercito britannico reclutare o trattenere personale adulto è difficile. L’addestramento dei minori però, si è dimostrato molte volte letale per loro. Il ministro della difesa ha dichiarato la morte di 12 minori nel corso degli addestramenti. Sono stati costretti a lavarsi col detersivo e a subire forme di aggressioni.
«Sì, è possibile che io abbia ucciso qualcuno. Ma non lo posso sapere con certezza». La drammatica testimonianza di Daniel, bambino-soldato a undici anni scappato dall’Africa dopo essere stato usato come spia e aver dovuto lasciare la scuola per imparare a sparare. Daniel U che, ha due episodi che lo perseguitano da quando era bambino. Il primo, è un ricordo di una notte in cui gli è stato detto che avrebbe dovuto abbandonare gli studi per imbracciare un fucile. L’altro è ambientato nel Sahara, a metà del suo viaggio a piedi verso la Libia. «Avevo fame, ero stanco e non so dire di preciso il nome del posto in cui mi trovavo. Ricordo che c’era un ragazzo che stava mangiando farina di manioca. Io mi sono avvicina-to e gli ho chiesto di lasciarmi ripulire la ciotola che stava usando. Ma lui non ha voluto e ha preso la sabbia del deserto per pulire la ciotola, così che io non potessi mangiare. E’ passato molto tempo, ma questa scena, questa umiliazione mi torna spesso in mente».
Daniel oggi ha trentun anni, frequenta il quinto anno di un liceo economico-sociale. Lavora aiutando persone con disagio mentale e fa volontariato con un’associazione locale. Ma le ferite che si porta dentro da quando era un bambino-soldato, tra gli undici e i quindici anni d’età, sono profonde.