Un viaggio all’interno della realtà carceraria
Oltre le mura: riflessioni sulla triste realtà dei penitenziari italiani, dalla disinformazione e dai pregiudizi alla consapevolezza

«Con gli occhi sbarrati» è il progetto al quale la scuola secondaria di primo grado «Virgilio» ha aderito con le classi terza C e terza A.
Si tratta di sensibilizzare e informare riguardo alla situazione delle carceri, che nel nostro Paese è molto grave e nonostante questo se ne sa poco e spesso se ne parla in modo inappropriato.
Questo progetto si è sviluppato grazie all’aiuto di esperti, tra cui il regista del film: ’’11 Giorni Tra Le Mura Del Carcere ‘’, Nicola Sartori, suor Franca e suor Anna, portatrici delle loro diverse esperienze di volontariato.
L’obiettivo degli incontri con questi esperti è stato appunto informarci su ciò che in effetti accade nelle carceri, in particolare sui problemi di quelle italiane: il sovraffollamento e la particolare concentrazione di immigrati.
Dialogare con loro ci ha permesso di guardare ai carcerati come a delle persone, mentre la diffusa disinformazione li presenta come mostri, rozzi e crudeli.
In particolare dagli interventi delle suore abbiamo compreso che un carcerato, tanto quanto un uomo libero, è una persona con una famiglia, con delle persone che ama. Le due religiose ci hanno raccontato che spesso chiedevano i numeri di telefono delle madri ai ragazzi più giovani per favorire un contatto tra loro e per rassicurarle.
Grazie a questi interventi abbiamo davvero capito il significato del termine «’Ora d’aria»’: i carcerati hanno letteralmente un’ora in cui possono stare all’aperto o quantomeno in alcune stanze più grandi di pochi metri quadrati. La condizione attuale delle carceri italiane è veramente spaventosa: ci sono troppe persone e non c’è abbastanza spazio per tutti. Perciò non ci si deve meravigliare degli atti di violenza provocati da la pressione continua che li opprime e non li fa vivere.
Un altro spunto sul quale siamo riusciti a ragionare grazie all’aiuto delle suore è stata la realtà del carcere femminile e le domande che abbiamo rivolto sono state: un carcere maschile è diverso da un carcere femminile? Cosa succede alle donne incinte che vanno in carcere? A questi quesiti abbiamo avuto varie risposte, ad esempio abbiamo appreso che le carceri femminili devono per forza essere sorvegliate da donne e, viceversa, per quelle maschili e ciò è stato stabilito per minimizzare il più possibile il rischio che si verifichi qualsiasi tipo di problema. Invece, con la risposta al quesito riguardante le donne in gravidanza, abbiamo scoperto che in tal caso il bambino viene lasciato alla madre per poco tempo, per poi essere successivamente affidato al parente più prossimo, o, in casi estremi dato in adozione..
L’esperienza di questo progetto ha consentito alle classi di affrontare con serietà e rigore una tematica tanto complessa e urgente quanto delicata, inoltre è molto importante diffondere la conoscenza di questo problema sociale, a partire dai ragazzi giovanissimi.
Quali sono le differenze tra un carcere maschile ed uno femminile? «Le differenze tra un carcere maschile e uno femminile non sono molte, ma la gestione è diversa: tra gli uomini, le risse sono molto più frequenti, infatti sono all’ordine del giorno, ma risolte rapidamente, mentre tra le donne, pur essendoci meno conflitti fisici, prevalgono vendette e rancori».
Come funziona nei casi in cui c’è una donna incinta o donne con bambini appena nati? «Per le donne incinte o con bambini piccoli, la legge del 2014 prevede che vengano trasferite in reparti speciali. Se il bambino ha meno di un anno, la pena della madre viene sospesa; dopo un anno, la madre torna in carcere, e il bambino deve uscire a sei anni, con il rischio di dover essere affidato a una famiglia adottiva»
È più facile da gestire un carcere femminile o un carcere maschile? Perchè? «La gestione di un carcere femminile è considerata più complessa rispetto a quella maschile, principalmente per la maggiore sensibilità e per il modo in cui le donne gestiscono le emozioni. Le donne detenute sono spesso più vulnerabili e soggette a stress psicologici e traumi emotivi. Al contrario, nelle carceri maschili, gli uomini tendono a manifestare la loro rabbia in modo più diretto e fisico, il che può rendere più facile il controllo da parte delle autorità».