Compagni da tutto il mondo in classe
I social ci vorrebbero tutti uguali, ma forse esiste un antidoto: la multicultura che cresce nelle scuole milanesi
Nelle scuole milanesi e non solo, ci sono classi che condividono anche dodici bandiere.
La multicultura offre la possibilità di conoscere nuovi modi di vivere, di mangiare, di vestire, di giocare, di festeggiare, di parlare e di pensare; tutta questa abbondanza di diversità rende ricchi.
Dall’altra parte ci sono i Social che sembra vogliano spingerci a diventare tutti uguali creando falsi leader da seguire e imitare e se non lo fai vieni considerato uno “sfigato”, un perdente, uno che dalla vita avrà sempre solo le briciole.
Basta andare in piazza Duomo o all’uscita delle scuole per vedere “greggi” di giovani vestiti tutti uguali, con le stesse scarpe, le stesse pettinature, che parlano e si muovono allo stesso modo e impazziscono appena sentono il nome di un influencer. Sorge un dubbio: forse più ci proteggiamo con la nostra unicità più ci difendiamo dall’in-fluenza di quegli influencer che non ci influenzano bene! E, soprattutto, che non sono maestri di vita, esempi da imitare.
Prendiamo ad esempio il caso del ragazzino di quasi quindici anni che, una mattina di gennaio, è stato aggredito da una dozzina di coetanei alla stazione di Seregno, perché aveva scritto un messaggio a una ragazza che probabilmente piaceva anche a qualcun altro del gruppo.
Il ragazzo da poco uscito da scuola, era seduto su una panchina ad aspettare il treno che lo avrebbe portato a scuola e invece ci è quasi finito sotto quel treno, rischiando di morire spintonato con violenza dai suoi aggressori.
Il procuratore per i minori di Milano, Ciro Cascone, ha commentato così l’accaduto: «Purtroppo questi ragazzi ormai non sono più abituati a pensare, credono di vivere in una canzone o in un film; perdono il contatto con la realtà. Pensano di vivere in un reality». Questa è un’opinione che noi ci sentiamo di condividere! A scuola e a casa dovrebbero insegnarci a costruire delle opinioni personali e a difenderle e se ciò non accade il social se ben usato può aiutarci a farlo ma bisogna andare sulle piattaforme già col concetto di costruire e non per seguire pedissequamente ciò che viene spacciato.
La vita non è un reality, bisogna essere veri e valorizzare tutte le diversità: culturali, sociali, comportamentali, caratteriali.
La multicultura ci permette di scoprire chi siamo; confrontandoci con la diversità tutti i giorni forse impariamo a scoprirci, a decidere chi vogliamo essere, a trovare il coraggio di dire le nostre idee, di fare o non fare le nostre scelte senza farci influenzare rischiando di macchiarci la coscienza per seguire un falso leader.
Potremmo azzardare a dire che i social hanno una specie di doppia faccia: una è pericolosa e ci spinge a imitare e a non ragionare, l’altra la dobbiamo “trovare” noi andando sui social con la nostra unicità per cercare e trovare quello che c’è di utile e bello.
Perché c’è e non si può negare! Jacopo Tragni era venuto a trovarci a scuola già in ottobre per il progetto «Cybercosa» sul cyberbullismo (proposto dalla nostra Funzione Strumentale salute & benessere , docente Barbara Colombo) lui fa parte del team di «Fare x bene ets», un’associazione nata nel 2010 col desiderio di rendere migliore il mondo in cui viviamo e proprio per questo abbiamo deciso di intervistare proprio lui. Nella tua esperienza ritieni sia vero che i Social tendano a spingere i ragazzi ad essere tutti uguali e ad avere gli stessi gusti? «I social sono come la moda, a volte finiscono per creare dei trend che vanno a definire ciò che è bello e ciò che non lo è, ciò che cosa può piacere e che cosa invece no creando quindi dei modelli che influenzano an-che le idee, emozioni e comportamenti».
Ma quindi i social possono anche essere una cosa sana? «Non vanno demonizzati! Dipende sempre da come li si usa, a volte però possono diventare degli amplificatori di alcune dinamiche patologiche personali e di gruppo».
Noi ci siamo chiamati “Classe tante tinte” perché abbiamo dodici bandiere, pensi che crescere immersi nella diversità possa aiutarci a usare bene i social e a non cadere in quelle dinamiche di cui parlavi? «Certo che si! Si deve guardare alla diversità come qualcosa da valorizzare e non da annullare» LA REDAZIONE