Il Gran Carnevale Cremasco e il carro del Gagèt
Cinque secoli di storia e di tradizioni che attirano in città ogni anno migliaia di turisti da tutta Italia. Nel 1955 il concorso decisivo
Se si parla del Carnevale Cremasco è d’obbligo nominare «al Gagèt co ‘l so uchèt», la maschera tradizionale cremasca. La sua origine risale al 1955 quando, a Crema, fu bandito un concorso per trovare un costume che fosse rappresentativo della cittadina e vinse quello di Paolo Risari, titolare della «Trattoria degli Angeli», con la maschera del Gagèt.
Da quel momento, questo travestimento è diventato il simbolo del Carnevale di Crema e il carro di apertura di ogni sfilata è sempre quello del Gagèt. Si dice che il Risari, per inventare il suo costume, abbia preso spunto dai contadini che mangiavano nella sua osteria la domenica. Infatti, essi non possedevano abiti eleganti se non quello del matrimonio, che, col tempo, era destinato a diventare corto, stretto e logoro. Ancora oggi il Gagèt indossa una giacca nera un po’ sgualcita, un panciotto e un paio di pantaloni neri esageratamente sopra la caviglia, che fanno risaltare le calze rosse e bianche, i colori tipici di Crema.
Sul capo porta un cappello con il bavero e al collo un foulard anch’esso bianco e rosso. Accessorio indispensabile della maschera cremasca sono i guanti bianchi che servivano per coprire le mani callose, rovinate dal faticoso lavoro nei campi; ai piedi portava le caratteristiche calzature del contadino, gli zoccoli di legno, oggi sostituiti da più pratici scarponcini in pelle o da zoccoli di cuoio. Completava l’abbigliamento la «gianèta», il bastone da passeggio. La sua compagna di viaggio era la sua ochetta, Caterina, che veniva trasportata in un cestino di vimini pieno di caramelle da donare ai bambini presenti alle sfilate carnevalesche. Oggi, l’oca è di cartapesta, ma fino a qualche anno fa era viva. La Betta, detta «la Gagèta», era la moglie del Gagèt e sfila ancora al fianco del suo amato marito. Considerato il più importante della Lombardia, il Gran Carnevale Cremasco è parte della storia e della cultura di Crema da ormai cinque secoli, cioè dagli inizi del dominio veneto fino ai giorni nostri. Già nel Quattrocento, era un evento assai apprezzato dai cremaschi che affollavano il centro storico.
Tra alti e bassi, richiamava tantissime persone da tutte le località della zona, ma, spesso, era al centro di episodi che attualmente sarebbero definiti di «cronaca nera». Il Carnevale, che per secoli rappresentò un’occasione per sentirsi tutti uguali dietro la maschera, si trasformava, talvolta, sulla scia dell’euforia e dell’alcool, in un girone infernale. Per questo motivo, nel 1861, anno dell’Unità d’Italia, divenne obbligatorio presentarsi preventivamente al questore, comunicando come e da cosa ci si sarebbe mascherati, per questioni di ordine pubblico. Il periodo d’oro della stagione carnevalesca cremasca si compie negli anni Cinquanta del secolo scorso e, da allora, ha continuato ad esistere e a crescere di importanza, tanto da essere menzionato più volte dai media nazionali.
In un giorno di febbraio abbiamo accolto nella nostra classe il Gagèt e sua moglie Betta, le maschere tipiche di Crema. Li abbiamo intervistati.
Com’è nata questa maschera? «Il Gagèt nasce da un’idea di Paolo Risari che, nel 1955, vinse il concorso che doveva individuare la maschera rappresentativa di Crema».
A cosa si ispira? «Si ispira ai “Gagi” cioè ai contadini che frequentavano il mercato in compagnia della loro oca».
Come ai contadini?! Il vestito non sembra quello di un contadino… «È l’unico abito elegante che avevo … In dialetto si dice “Scapat” perché è ormai un po’ corto».
Grandioso! Ma l’oca cosa c’entra? «Richiama anch’essa la tradizione contadina. La domenica andavo al mercato con Guendalina, la mia ochetta, che era viva ed era la mia compagna di vita.
Con il tempo l’abbiamo sostituita con un’oca di cartapesta».
Una domanda anche alla Betta: com’è essere la moglie del Gagèt? «È una grande responsabilità e un onore affiancarlo durante le sfilate. Pensate che quest’anno abbiamo avuto anche un piccolo Gagèt di soli quattro anni durante il Carnevale».
Abbiamo anche scoperto che, dietro al più grande Carnevale della Lombardia, ci sono tanti volontari che dedicano il loro tempo all’allestimento dei carri