Memoria condivisa: l’esempio di Gilda Rossi
Busto Arsizio, un progetto didattico fuori dall’aula fa scoprire agli studenti la storia di una donna davvero straordinaria
Nuove scoperte attraverso l’outdoor: letteralmente tradotto dall’inglese «outdoor» significa “Fuori porta”. Sono delle lezioni fatte all’esterno della propria aula, impostate sulle caratteristiche del territorio e del contesto sociale e culturale in cui la scuola è collocata.
Il nostro istituto ha aderito a questa sperimentazione e siamo stati fra i primi di una classe secondaria di primo grado in Lombardia.
Durante l’anno abbiamo fatto spesso questo tipo di attività, un giorno siamo usciti per Borsano, un piccolo quartiere di Busto Arsizio, località in provincia di Varese, con il nostro Professore di religione e siamo andati alla ricerca di simboli sacri per il rione.
Ad un certo punto siamo entrati nel cimitero e un insieme di lapidi ha attirato la nostra attenzione, quindi siamo andati a controllare ed erano le tombe della famiglia Rossi. Più tardi siamo tornati in classe, incuriositi abbiamo cercato chi e cosa avesse fatto la famiglia Rossi per avere le tombe più maestose e monumentali del paese.
Parlandone con la nostra professoressa d’italiano ci ha riferito che la scuola primaria accanto alla nostra è dedicata a una donna di quella famiglia: Ermenegilda Rossi, detta Gilda.
Questo ha suscitato in noi ancora più interesse, abbiamo iniziato a cercare qualche informazione su di lei e da una prima indagine abbiamo capito che è stata una donna che aiutò molto la nostra città durante la Grande Guerra. Gilda Rossi nacque a Borsano il 18 ottobre 1858 da una famiglia benestante originaria di Varese.
Grazie alle buone condizioni economiche della famiglia poté frequentare le scuole magistrali: si diplomò nel 1877 e subito fu assunta dal Comune di Sacconago (che nel 1869 aveva assorbito quello di Borsano) e per quarant’anni insegnò alle classi maschili. Ad Ermenegilda Rossi è intitolata la scuola primaria costruita a Borsano nel 1962. La proposta di dedicare a lei la scuola venne proprio dal corpo insegnanti e venne appoggiata dai cittadini di Borsano e dal Comune di Busto Arsizio.
All’inaugurazione della scuola a lei dedicata era presente anche l’allora ministro dell’istruzione Luigi Gui. Il lavoro di Gilda fu fondamentale per la lotta contro l’analfabetismo in paese: lei considerava l’insegnamento una vera missione.
Per questo, la maestra invitava la sera, a casa sua, gli alunni più deboli per fornire loro lezioni extrascolastiche in modo gratuito e oltre ai suoi alunni, aiutava anche ragazzi più grandi. Ermenegilda era una donna molto religiosa: collaborò con i parroci di Borsano, insegnò il catechismo alla bambine e fu tra le fondatrici di un piccolo asilo territoriale nel 1906. La sua figura ha lasciato un’impronta profonda nella comunità locale e, ancora oggi, è un esempio di impegno civile e dedizione all’istruzione.
Scoprire la sua storia, ci ha fatto capire quanto sia prezioso il legame tra scuola e territorio, tra passato e presente.
Al momento dello scoppio della guerra Busto Arsizio attraversava un periodo di sviluppo: le industrie tessili erano grandi, produttive e fruttuose; in città erano stati costruiti anche tre edifici scolastici tra il 1903 e il 1911.
Le associazioni di beneficenza promuovevano nuove strutture come l’ospedale. Il benessere economico della città che ha consentito lo svilupparsi di diverse iniziative anche in aiuto e a favore dei soldati impegnati al fronte e delle loro famiglie.
I primi feriti di guerra arrivarono a Busto Arsizio il 15 settembre del 1915 ed erano ben 400, l’ospedale dei feriti di Busto ne arrivò ad ospitare in totale circa 4000. Questi soldati provenivano da diverse regioni italiane, come testimoniato ad esempio da un santino ritrovato in una divisa di un soldato salernitano, ferito e accolto a Busto Arsizio.
Durante la Guerra la maestra Gilda Rossi si impegnò in prima persona ed accettò subito di far parte del “Comitato di preparazione civile”, costituito il 3 maggio 1915 dall’allora sindaco Giacomo Ragazzini. La sua casa divenne una sorta di ufficio di corrispondenza: aiutava le mogli e le madri dei soldati a scrivere o rispondere alle lettere. Quelle visite erano anche un momento di conforto e consiglio.
Il suo impegno fu riconosciuto il 2 agosto 1917 con una medaglia.