Ecco la guerra raccontata dai bambini
Le riflessioni degli studenti della scuola Ima e la proposta di speranza: il dialogo come soluzione ai conflitti
Tutti a scuola studiano le guerre imparando le cause e le conseguenze di questi avvenimenti che hanno coinvolto per anni l’intera umanità. Ma perché si studiano? La guerra, per definizione, è una lotta armata tra Stati che nasce per interessi ideologici, politici e, soprattutto, economici.
Nel corso della storia ci sono stati moltissimi conflitti, che hanno coinvolto anche tutto il mondo.
Basti pensare alla Prima guerra mondiale, in cui per l’Italia hanno combattuto circa 6 milioni di soldati e ne sono morti circa 3 milioni, quindi almeno la metà.
La guerra è molto dolorosa sia fisicamente che psicologicamente: le persone che hanno vissuto in un periodo bellico hanno ancora oggi dei traumi che si porteranno dietro per tutta la vita.
Ecco perché è importante evitarla: la guerra uccide e spezza cuori di molte persone innocenti, divide le famiglie, porta fame e miseria.
Ma non accade “solo” questo.
Vengono distrutti anche ospedali, scuole e strutture di vitale importanza e i diritti dell’uomo vengono violati totalmente: molti non hanno più una casa, un posto dove imparare o dove curarsi. Un posto, insomma, dove vivere sereni Gli alunni della classe 5^B della scuola «Maria Ausiliatrice» di Castellanza hanno deciso di intervistare i loro parenti che realmente hanno vissuto la guerra o che hanno avuto testimonianze dirette, per scoprire cosa è accaduto e per conoscere le loro emozioni e i loro sentimenti a decenni di distanza dal conflitto.
«Dopo la guerra ci sentivamo liberi e desideravamo anche un po’ di normalità, ma avevamo anche un senso di vuoto, provocato dalla visione delle nostre città distrutte”: ecco una testimonianza che ha permesso ai bambini di 5ªB di riflettere sul presente e su quanto sono fortunati loro a poter vivere una vita in libertà, in cui i loro diritti sono garantiti.
«Non potrò mai dimenticare i forti rumori dei bombardamenti e le urla delle persone in strada», ha anche dichiarato la nonna di una bambina.
Infine, hanno deciso di intervistare gli altri studenti della scuola, per conoscere ciò che i bambini pensano su questo tema: «Le guerre sono brutte ma l’importante è restare abbracciati con il cuore».
Questo dimostra come anche i più piccoli siano consapevoli delle atrocità che accadono intorno a loro. Ogni tanto bisognerebbe imparare dall’innocenza dei bambini.
Dunque, le guerre aiutano a non dimenticare fatti brutti o addirittura tragedie in cui sono morte tantissime persone. Ma oltre a questo, ci insegnano ad essere responsabili capendo che con le armi non si risolve niente, ma piuttosto bisogna discuterne a parole, proprio come viene insegnato in classe.
È fondamentale l’azione del non dimenticare, oltre che conoscere. Per questo motivo è stata istituita la giornata mondiale della memoria, che ricorda a miliardi di persone che siamo tutti uguali.
Si festeggia il 27 gennaio perché in quel giorno del 1945, le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz in Polonia, dove erano stati rinchiusi più di un milione di ebrei, condannati «Solo perché sono ebrei», così si legge nel diario di Anna Frank, una delle giovani vittime del nazismo.
Eppure, nonostante questo, sembra che gli uomini continuino a ripetere gli stessi errori.
Conservare memoria non significa solo onorare le vittime che hanno perso la loro vita, ma anche imparare dal passato, per evitare che si ripeta di nuovo.
Ed è proprio questo che il geometra Luigi Federiconi, dell’età di 92 anni e 6 mesi (così ha specificato), ha voluto condividere con gli alunni della 5^B.
Ha partecipato alla Seconda guerra mondiale e per lui la guerra è stata uno «schifo»: ha perso degli amici, è rimasto ferito e ha visto la paura e la sofferenza negli occhi delle persone.
Le sue parole hanno dato ai bambini l’opportunità di riflettere sull’importanza di non dimenticare e di agire per cambiare le cose.